Raoul Pictet - Exposition Nationale Suisse Genève 1896

Journal Officiel Illustré De L'Exposition Nationale Suisse Genève 1896
No 32 - 28 Août 1896

Le Scienze ed il Padiglione Raoul Pictet all' Esposizione

Poichè ci è lasciata libera la scelta d’un soggetto da trattare in queste colonne, dove potremmo meglio cercare e più agevolmente il testo d’un artico— letto che nel campo dell’ Esposizione? Di che deve e può parlare se non delle maraviglie esposte al pubblico un giornale che è il portavoce della grande festa del lavoro nazionale? Su qual altro tema più importante richiamar l’attenzione generale in un momento in cui la vita civile d’un popolo libero, unita in comune pensiero e slancio di entusiasmo, è tutta intesa a dare alla vecchia Europa una nuova testimonianza della sua indipendenza produttrice, a rivelarsi, la seconda volta ai suoi occhi, artistica, mani fatturiera, industriale, scientifica? E diciamo scientifica non per vana risonanza e gonfiezza di stile, ma per mostrare che tra gl’infiniti rami dell’ umana vitalità — di cui la solenne manifestazione delle rive dell’.\rve è come una vasta sintesi — quello delle scienze occupa, siccome in ogni classica terra, un posto d’onore dei più elevati nella Confederazione Svizzera. Fra le prove irrefragabili che potremmo addurre non sarebbe certo senza importanza, quella di vedere uno dei suoi cantoni, come Ginevra, divenire, pressocché ogni anno, il seggio dei congressi scientifici più diversi: ginecologici, orientalisti, medici, geografici, antropologici ed altri molti. Più ‘manifesta ancora ne troviamo una prova nelle spaziose e molteplici sale che il Comitato dell’ Esposizione ha dedicate tanto nel gruppo XVII, agli strumenti di precisione e alle carte anatomiche delle facoltà mediche, quanto nel gruppo XX agli apparecchi matematici, di geodesia. di topografia, ecc., non chè nel gruppo XXXVIII, il più interessante di tutti, agli strumenti elettrici di precisione, e a tutti quelli in genere che hanno un carattere meramente scientifico, come d’astronomia, di fisica, di meteorologia, ecc. Si vede quindi da ciò che le scienze tutte o quasi tutte, siano esse esatte o di osservazione, si trovano ampiamente rappresentate sulla vasta superficie della grande Mostra. Ma là dove le scienze, e in partico lar modo quelle sperimentali della fisica e della chimica moderna, sembrano essersi eretto un tempio speciale, le cui porte si aprono indistintamente agli iniziati ed ai profani, è certamente nel gran padiglione Raoul Pictet. situato a’ pie’ dello scalone che riunisce ai diversi chioschi le gallerie delle Belle Arti.
Noi avemmo giorni sono opportunità di visitarlo non già, va inteso, da esperti in queste materie —oh! ne, sutor, ultra crepidam, calzolaio attienti al calzare, ci gridava all’orecchio il vecchio Orazio —ma da modesti profani, da veri girelloni che siamo a questi chiari di luna! e momenti di «beati ozii. »Comunque, la visita avendoci lasciata una gradita impressione, c’induce a parlarne ai lettori del giornale, nella certezza che l’eminente professore, col quale avemmo altra volta delle relazioni cordiali, scuserà il nostro ardimento se, in questo breve sunto, noi cacciamo la mano, come suoI dirsi, nella farina del suo sacco.
Per nostro avviso il padiglione Raoul F>ictet, diretto con solerzia grandissima da un Comitato amministrativo, è 1’ una delle più importanti costruzioni di legno che abbiano all’ Esposizione un valore reale, come attrattiva scientifica e curiosità istruttiva. Di pianta quasi rettangolare, orientato nella sua lunghezza dall’est all’ovest, esso comporta tre locali che, ad onta della diversità di carattere che li distingue, formano un tutto omogeneo; questi locali sono, un avancorpo, una sala per le macchine e un anfiteatro.
L’avancorpo, che può essere riguardato come un annesso dello stabilimento, è una sorta di mescita, dove quanto è servito agli avventori, sia di bibite, sia di alimenti, è preparato alla temperatura di 0° almeno. Colla facciata principale terminata a festoni, decorato interiormente all’ intorno con aiuole, arbusti e verdi foglie, ornato di lampadario, di statue e di fanali a incandescenza, esso non mance di conforto estetico e di eleganza moderna. Nel fondo e proprio al centro della ringhiera a giorno, sormontata di bei vasi a piante esotiche, un blocco di ghiaccio che mai non si scioglie, grazie alla piccola macchina ad acido carbonico ivi collocata, serve di base a un getto d’acqua, a zampilli finissimi che ne cresce l’interna bellezza. Il visitatore che, assetato e stracco per l’andare e venire nel labirinto delle gallerie, sente il bisogno di soffermarsi, trova all’ombra di questo jardin couvert un luogo di riposo, e forse di riflessione sulle maraviglie ingegnose che ha incontrate, viste ed osservate. Non ostante però l’esteriore apparenza di ristorante, il padiglione ha un aspetto serio anzi che no, confacente alla destinazione scientifica per cui venne creato.
La sala delle macchine che serve di laboratorio all’illustre scienziato, munita da tre lati di comode logge, è divisa in due parti da un palco centrale che trovasi all’ ingresso, nel quale sono rinchiusi oltre due piccoli serbatoi verticali di liquido Pictet, un altro più grande orizzontale dello stesso liquido per l’applicazione del nuovo metodo fisico-medico, detto frigoterapia, D, E (1), Ambedue le parti contengono insieme sei belle macchine—dinamo di differenti grandezze, e cinque trombe aspiranti alimentate ognuna da motori elettrici a doppio cilindro che imprimono loro il movimento giornaliero. Tutte e sei, come pure le pompe, funzionano davanti al pubblico ed hanno lo stesso scopo generale, la fabbricazione del ghiaccio e la liquefazione del gas alle temperature scientificamente richieste. — Il lato destro della sala abbraccia tre gruppi che chiamansi anche cicli. Il primo, col quale si ottengono da 100 à 110°
O, è formato del compressore A, e delle pompe gemelle B che funzionano all’acido carbonico, misto coll’acido solforoso. Il secondo, che dà una temperatura bassissima dai 160 a’ 165°, è formato dal compressore F colle sue due trombe G, che marciano col protossido d’azoto e serve a liquefarlo. Il terzo ciclo finalmente, col quale si raggiunge fino alla temperatura estrema di 213° — O, è formato dal compressore a tre cilindri R, il cui ufficio è di comprimere l’aria a 150 atmosfere, e di liquefarla in quantità bastante per permettere all’ illustre professore di farla vedere ai visitatori sotto forma di un bellissimo liquido turchino.
Dalla parte sinistra della sala, quella che più colpisce l’occhio è la grande macchina-dinamo K per la fabbricazione del ghiaccio, costrutta ed esposta dai Fratelli Sulzer di Winterthour. Essa funziona coll’ammoniaca, la quale viene aspirata e liquefatta dai compressori N, O. I due serbatoi P e Q, sui quali si sale per meglio farsi un’ idea, sono addetti a congelare l’acqua contenuta nelle forme. Queste, della lunghezza di quasi metri 1,20, sono distinte in ven— tinove serie, ciascuna delle quali comporta trenta— quattro forme. Una volta l’acqua allo stato di congelazione, il ponte rotante 5 le riversa ed essa viene raccolta in forma di grossi pezzi di ghiaccio del peso di 15 kilogr. l’uno.
Accanto à questa grande macchina, atta a produrre 1000 kilogr. di ghiaccio all’ora, trovasi un’altra dinamo, che è un compressore di minor forza L, adoperata essenzialmente alla liquefazione industriale dell’acetileno, che la chimica ottiene colla reazione dell’acqua sul carbone di calcio. Dodici litri di questo nuovo gas bastano per illuminare la sala intera, durante venticinque notti di dodici ore.
Più piccola della precedente è la macchina M che le sta allato. e che è una tromba aspirante destinata, quanto c’è bisogno, a fare un vuoto assoluto nei vani punti della sala.
Attiguo a questa finalmente sta l’anfiteatro, al quale si accede salendo a destra. E un modesto locale, ma di molto più ampio, capace di contenere un uditorio di oltre 600 persone. Esso è destinato specialmente alle conferenze ebdomadarie nelle quali 1’ illustre Ginevrino svolge la storia sperimentale, cioè la teoria meccanica del calore che fu la madre della riforma scientifica inaugurata nel 1846. Ma le porte ne sono liberamente aperte anche a quei scienziati stranieri che durante il loro soggiorno nella bella città, intendono esporre le loro idee sulle nuove dottrine della termodinamica.
Nell’ uscire da questa visita al Padiglione ci sentimmo la mente tutta riconfortata, e compresa da viva ammirazione per l’eminente fisico che tanto onora la patria colle sue scoperte scientifiche. Beato lui che ha saputo accoppiare alla forza del suo ingegno creatore tutta la tenacia della volontà -per arrivare a riempiere della fama del suo nome il mondo della scienza e dell’ industria!
E, pure andando, dicevamo tra noi, se dolci, ben dolci sono al cuore i primi raggi della gloria nascente, cosa mai dev’essere il sentimento di legittimo orgoglio che prova l'uomo il quale è giunto col proprio merito alla vera ed universale celebrità!... Ma ci ricordammo al tempo stesso quel verso del l’Inferno in cui il gran poeta fiorentino si fa dire dal Maestro:
Chè, seggendo in piuma
In fama non si vien, nè sotto coltre.

Ferd. PARIS.

(1) Queste diverse lettere alfabetiche trovansi appiccicate alle varie macchine della sala come segni di distinzione.

Ferd. PARIS
Ref. Journal Officiel Illustré De L'Exposition Nationale Suisse Genève 1896 - No 32 - 28 Août 1896 -- page 381 à 382

 

Journal Officiel Illustré De L'Exposition Nationale Suisse Genève 1896
No 49 - 25 Décembre 1896

La Salle des Machines du Pavillon Raoul Pictet
Ref. Journal Officiel Illustré De L'Exposition Nationale Suisse Genève 1896 - No 49 - 25 Décembre 1896 -- page 581

 

 

 

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